martedì 28 febbraio 2012

Fine del liberismo ed elogio della frugalità


23 gennaio 2012




È uscito recentemente un interessante libro - non condivisibile in tutto - dell’economista Serge Latouche (Per un’abbondanza frugale, Milano, Bollati & Boringhieri, 2012) il quale prende atto che la Società liberal/liberista e consumistica, sta finendo sotto i colpi sempre più duri della crisi economico/finanziaria mondiale.


● Egli propone come rimedio possibile a tanto sfacelo l’unica via che si deve e si può – con un bel po’ di buona volontà – ancora percorrere: la Frugalità. Il Liberalismo nasce dall’illusione prometeica e luciferina del “Progresso e sviluppo all’infinito”. Pio IX nella sua Enciclica Quanta cura e nel Syllabus (entrambi dell’8 dicembre 1864) aveva condannato sia l’illusione social/comunista che quella liberal/liberista, e particolarmente la loro conclusione del “Progresso all’infinito” o del “Sol dell’Avvenire”. L’ultima ed 80ma proposizione del Syllabus condanna la proposizione secondo cui “il Papa può e deve venire a patti col Liberalismo, col Progresso e colla Modernità”, ove per “Progresso” s’intende il Progresso costante, incessante e tendente all’infinito, e, per Modernità la filosofia moderna (da Cartesio ad Hegel), che è soggettivista e relativista e distrugge la conoscenza oggettiva della realtà da parte dell’uomo (Cartesio) e il valore immutabile ed assoluto dei primi princìpi filosofici (Hegel), sociali/politici (Rousseau) e dei dogmi religiosi (Lutero). Latouche paragona il Progressismo e il Consumismo alla malattia chiamata “bulimia”. Certamente non bisogna cadere nel difetto opposto, verso la quale tende l’Autore, che è l’anoressia o “l’insano archeologismo” (come lo chiamava Pio XII), ovvero il “tribalismo” dello ‘Strutturalismo francese’ (Lévy-Strauss, Sartre, Lacan, Ricoeur), che riprende il tema del “buon selvaggio” di Jean Jacques Rousseau e lo porta alle estreme conseguenze del “Pensiero selvaggio” e dell’uomo non più “animale razionale e sociale” (Aristotele e S. Tommaso), ma “bestia istintiva e asociale” (Lévy-Strauss).



● Secondo il buon senso (economia come ‘Virtù della Prudenza applicata al focolare domestico’, Aristotele/S. Tommaso) e Latouche per essere nell’abbondanza basta avere solo pochi, essenziali bisogni, che possono essere soddisfatti normalmente e da tutti. L’economista francese ammette che la vita dell’uomo (e di sua moglie) non può e non deve essere assorbita al 60% dal lavoro. Essi debbono essere presenti in se stessi, tra loro e con i figli nella famiglia, nella Società civile e nella Società religiosa, poiché l’uomo ha un’anima spirituale e deve nutrire pure e soprattutto anch’essa.



● Il Consumismo liberista vive e si regge sull’insoddisfazione dell’uomo borghese o “ricco”, proprio come il Social/Comunismo che si fondava sul proletario o povero. Senza povero, che odia il ricco, e senza borghese, che si sente insoddisfatto e cerca di ingozzarsi di beni consumistici del tutto superflui, scomparirebbero il Social/Comunismo e il Liberal/Liberismo.



● La “Pubblicità” è un’arma di ossessione mentale che crea bisogni inesistenti nella mente del borghese, come la “Propaganda” bolscevica creava l’odio di classe nella mente del povero. Sia il borghese liberale che il proletario socialista si sentono scontenti di ciò che sono ed hanno e desiderano essere ciò che non sono e possedere ciò che non è necessario. Essi sono perennemente frustrati. In più, non avendo la Fede, poiché sia il liberalismo che il socialismo sono materialisti e atei o agnostici, non hanno la Speranza soprannaturale che li aiuterebbe ad affrontare serenamente le difficoltà intrinseche alla vita umana.



● Conclusione: bisogna liberarsi della schiavitù della legge del “mercato” di destra (Liberismo) e anche di sinistra (Socialismo), per poter tornare ad essere veramente uomo, ossia “animale razionale” che conosce e ama, e “animale sociale”, che dona, riceve e ricambia. Chi lo desidera può studiare la “Dottrina sociale della Chiesa” e specialmente l’Enciclica di Leone XIII Rerum novarum cupiditas (1891) e quella di Pio XI Quadragesimo anno (1931).


                                                d. Curzio Nitoglia

giovedì 16 febbraio 2012

Contributo inviatoci - In ricordo di Bobby Sands -

- Condividiamo quanto ricevuto dall'avvocato Russo, in memoria del Sands. -

Pochi personaggi sono riusciti nell’intento di unire culture differenti come Bobby Sands, il militante dell’I.R.A. morto nel 1981 dopo sessantasei giorni di sciopero della fame nel carcere di Long Kesh.
Questo, non tanto per l’eroico sacrificio di chi si spende totalmente per un’idea, che in tal precipuo caso coincide con l’amore per la patria, intesa nella sua accezione pura di suolo e sangue, ma per il significato intrinseco della lotta antimperialista del movimento extraparlamentare irlandese.
A mio sommesso parere, tale condivisione va rigettata con forza. Trattasi solo di uno dei tanti, troppi casi, in cui una certa sinistra cerca di appropriarsi di lotte che non gli appartengono, attribuendo ad esse significati e significanti assolutamente distorti.
Lungi da me voler polemizzare con gente che non merita spreco d’aria, ma la premessa era doverosa e va motivata contestualmente al racconto del personaggio Sands. Innanzitutto non si può prescindere dalla caratteristica genetica della lotta per l’indipendenza irlandese: ossia la componente cattolica. Tutta la questione nord irlandese verte sulla diatriba storica tra cattolici (repubblicani e nazionalisti) e protestanti (monarchici e lealisti) e, aggiungo io, traditori del loro stesso DNA, poiché il popolo irlandese è sempre stato fortemente cattolico prima dell’eresia orangista.
Ebbene, i novelli bolscevichi, quelli che distruggono le statue della Madonna e che tanto amano sfoggiare magliette recanti la dicitura “grazie a Dio sono ateo” dimenticano, bontà loro, questo non trascurabile particolare.
Altra caratteristica, già menzionata, ma su cui giova ripetersi per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, è l’acceso nazionalismo dell’I.R.A., una connotazione questa che non dovrebbe trovar d’accordo chi ha sempre classificato il nazionalismo come sinonimo di razzismo, conservatorismo, reazione.
Ma torniamo al sacrificio di Bobby Sands perché le reazioni che lo sciopero della fame, la sua morte e quella dei suoi compagni (in tanti seguirono il suo esempio) suscitarono, furono contrastanti. Per il governo inglese, per gli occupanti, cioè, quella morte fu una vittoria e per tale venne pubblicizzata dall’infame primo ministro inglese Margaret Thatcher. Per l’I.R.A, gli oppressi, cioè, quella morte (ma sarebbe giusto dire quelle morti poiché furono in dieci a digiunare) fu un esempio eroico di coraggio ad oltranza e per la maggior parte della popolazione irlandese quello sciopero della fame fu una tragedia che lacerò i cuori e sconvolse le coscienze. Perchè una cosa va evidenziata con forza: pur non condividendo, in alcuni sporadici casi, la strategia dell’Irish Republican Army, il popolo irlandese comunque ne condivideva gli obiettivi ed era dalla parte dei suoi ragazzi, dei suoi figli, fratelli e padri. A questo proposito è d’uopo consigliare, per chi non l’avesse ancora visto, la visione di un toccante film sull’argomento: “Una scelta d’amore”, un film che prende le distanze dalla facile retorica di tutte le pellicole che difendono la democrazia inglese e che scava nel profondo delle motivazioni di questo grande popolo in lotta.
Sembrerà strano, ma i 66 giorni di digiuno costituirono solo l’ultima goccia del calvario di questo grande uomo, un calvario che solo chi ha letto qualcosa sul famigerato blocco H delle carceri britanniche può solo osare immaginare. Basti ricordare che i ragazzi irlandesi, non indossando per protesta l’uniforme della prigione poiché volevano che venisse loro riconosciuta la qualifica di detenuti politici, con pedissequa possibilità di indossare i propri abiti (ovviamente negata dalla lady di ferro) stavano nudi con due sole asciugamani a coprire il collo e le zone intime.
Il tutto, in una cella dalla cui finestra entravano gelidi spifferi di freddo e nella quale i riscaldamenti venivano spenti l’inverno ed accesi l’estate.
Inoltre, i detenuti irlandesi dovevano espletare le proprie funzioni fisiologiche all’interno della cella, spalmando gli escrementi sui muri. Queste torture, perché in altro modo non è possibile chiamarle, sono state messe in atto da un governo che per la società perbenista e borghese ha sempre costituito un fulgido esempio di democrazia e civiltà.
Un grande uomo del secolo scorso ebbe a dire: “Dio stramaledica gli inglesi!”, non ci è dato sapere se Bobby Sands ebbe mai ad udire questa frase ma una cosa è certa: il suo sacrificio costituisce un motivo di orgoglio per tutto il popolo irlandese e per quella lotta in nome di Dio e dell’Irlanda libera che prima o poi sarà vinta.


                                                                                    Avv. Francesco Russo

venerdì 10 febbraio 2012

Invito alla preghiera in ricordo dei martiri delle Foibe - 10.02.12

In quanto molt'altri hanno già avuto cura di ricordare nei soliti modi questi martiri, a noi  non resta che raccomandare a tutti di spendere un quarto d'ora per fare un Rosario per queste vittime, morte per mano di una delle assurdità più subdole che la razza umana abbia mai partorito.